L’arbitrato internazionale può essere considerato “un terzo genere” di arbitrato, oltre quello rituale ed irrituale, che conosce una sempre maggiore diffusione quale strumento di risoluzione delle controversie, sorte tra le parti aventi nazionalità diversa, alternativo alla giutizia ordinaria.
Il carattere internazionale è determinato mediante una serie di criteri tra cui:
- il coinvolgimento di interessi internazionali;
- l’elemento transfrontaliero caratterizzante, ad esempio una delle prestazioni oggetto del contratto concluso tra le parti;
- il fatto che la risoluzione della controversia sia stata devoluta ad un istituto arbitrale internazionale.
L’arbitrato internazionale trova il proprio fondamento giuridico, primariamente, nella volontà dei privati ed il prorio riconoscimento formale nelle fonti internazionali – su tutti la Convenzione di New York del 1958 e la Convenzione europea sull’arbitrato commerciale internazionale, firmata a Ginevra il 21 aprile 1961 – ma anche nei regolamenti arbitrali e nelle leggi nazionali.
In Italia, l’arbitrato internazionale è stato sin da subito disciplinato come materia specialistica accanto all’arbitrato, considerato interno, previsto dal codice civile. Nel 2006, il legislatore è intervenuto nella modifica dell’istituto, abrogando la legge speciale ed inglobando la disciplina dell’arbitrato internazionale in quella dell’arbitrato cd interno.
Sul piano operativo, è l’autonomia privata la fonte di regolamentazione dell’arbitrato internazionale anche se nel panorama internazionale sono operativi importanti centri di arbitrato – ad esempio Camera di Commercio Internazionale (CCI) e la sua Corte Internazionale di Arbitrato – che prestano servizi di amministrazione della procedura arbitrale secondo modelli organizzativi e procedimentali previsti da disposizioni recate in appositi regolamenti dagli stessi redatti.
In tal senso, la Convenzione di New York, all’art. I, par. 2, precisa che per lodo arbitrale si intende non solo la pronuncia di arbitri designati direttamente dalle parti, ma anche la decisione resa da organi arbitrali permanenti ai quali le parti si siano sottoposte.
La volontà delle parti, quindi, risulta centrale nell’arbitrato internazionale tant’è che, per aversi una procedura legittima, non si richiede l’applicazione di una legge statale e si esclude che la violazione della norma interna conduca al diniego di efficacia del lodo estero.
I meccanismi recati dalla Convenzione di New York e quelli stabiliti dalla Convenzione di Ginevra, consentono all’arbitrato internazionale di essere riconosciuto negli Stati contraenti sul piano dell’efficacia. Più precisamente, la Convenzione di New York distingue due gruppi di circostanze ostative del riconoscimento e dell’esecuzione del lodo: nel primo rientrano quelle che sono invocabili solo dalla parte che si oppone mentre nel secondo quelli il cui ricorrere può essere rilevato d’ufficio.
In Italia, poi, la disciplina dell’esecuzione del lodo estero è disciplinata dagli artt. 839 e 840 c.p.c. A norma dei citati articoli l’efficacia del lodo è dichiarata su ricorso di parte senza alcun contraddittorio, previa verifica dell’assenza di alcune condizioni ostative rilevabili d’ufficio e la parte contro la quale il lodo è invocato può proporre opposizione entro un termine di decadenza decorrente dalla notificazione della dichiarazione di efficacia del lodo, per far valere nel contraddittorio l’esistenza di circostanze che impediscono il riconoscimento o l’esecuzione.