Il giudizio secondo equità è il luogo dove gli arbitri possono esimersi dal giudicare secondo le norme di diritto, ma servendosi dell’equità.
Soprattutto in dottrina si è molto discusso circa l’individuazione del criterio cui lo stesso arbitro potrebbe ispirarsi post che l’equità è un concetto non ben definito e potrebbe dare adito a varie problematiche. Molteplici sono stati tentativi di qualificazione dell’equità a volte intesa come “propria coscienza” dell’arbitro in relazione al caso concreto altre volte relazionata alla “natura della cosa” vale a dire alla regola che sarebbe desumibile dall’osservazione del caso da giudicare.
Non si può negare, però, che l’equità, in relazione alla fattispecie dedotta nel procedimento arbitrale sia già tradotta in diritto positivo e che, quindi, quest’ultimo coincida perfettamente con la regola equitativa alla cui applicazione sono stati autorizzati gli arbitri. La giurisprudenza ha superato, quindi, un suo precedente orientamento secondo cui qualora le parti avessero affidato agli arbitri il compito di decidere secondo equità ed essi avessero invece deciso
secondo diritto il lodo sarebbe stato nullo per violazione del mandato ricevuto.
Adesso, cambiando il proprio orientamento, chiarendo che gli arbitri chiamati a decidere secondo equità possono benissimo decidere secondo diritto, senza illustrare le ragioni per le quali abbiano fatto questa scelta, perché si deve presumere che il diritto sia equo. E’, quindi, difficile immaginare un lodo “di equità” difforme da un lodo emesso secondo “diritto”.
In cocnlusione l’equità è concetto di assoluta indeterminatezza. Sotto l’aspetto operativo, invece di agevolare il lavoro degli arbitri, talvolta lo danneggia, o comunque non lo semplifica di certo. L’equità è prevista, sulla base di una sommaria analisi statistica ma si può essere assolutamente certi che gli arbitri decidono pressochè sempre secondo diritto. In presenza del riferimento all’equità, avranno aggiunto qualche espressione che fa riferimento all’equo, ma non oltr questo. Talvolta, il riferimento all’equità ha anche consentito un minore dettaglio delle motivazioni, che peraltro sono e restano solo di diritto. In paesi come il nostro, paesi di “civil law”, è difficile ipotizzare l’equità al di fuori del diritto.