La mediazione familiare rappresenta uno valido strumento alternativo, pienamente valido ed efficace, di pacificazione genitoriale, indispensabile per l’attuazione del principio di bigenitorialità e per l’applicazione effettiva e duratura dell’affidamento condiviso dei figli nelle separazioni.
In ambito europeo, la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti del fanciullo, adottata a Strasburgo nel 1996 e ratificata dall’Italia con legge n. 77/2003, all’art. 13 stabilisce che “Al fine di prevenire o di risolvere i conflitti, e di evitare procedimenti che coinvolgano minori davanti ad un’autorità giudiziaria, le Parti incoraggiano il ricorso alla mediazione e a qualunque altro metodo di soluzione dei conflitti atto a concludere un accordo, nei casi che le Parti riterranno opportuni”
All’interno del nostro ordinamento, la mediazione familiare è stata introdotta dalla legge 8 febbraio 2006 n. 54 che ha previsto nuove disposizioni normative relativamente alla disciplina della separazione personale dei coniugi. In tal senso l’art. 155-sexies, comma 2, c.c., recita: “Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”.
Dalla lettera delle disposizione suddetta è evidente che al fine di promuovere una la mediazione familiare sarà necessario che:
- il giudice usi il proprio potere discrezionale – insindacabile – alla luce di una valutazione sommaria ma non superficiale della causa e reputi opportuna la mediazione. Il giudice dovrà, pertanto, verificare non la probabilità di riuscita dell’accordo, ma l’incidenza positiva del tentativo di mediazione;
- le parti abbiano interloquito con il giudice;
- le parti abbiano espresso il loro consenso al fine dell’avvio della mediazione.
Una volta avviata la procedura di mediazione familiare potranno verificarsi tre differenti ipotesi:
- le parti raggiungono un accordo. In questo caso, il giudice provvede all’omologazione dell’accordo raggiunto dalle parti, nei modi e limiti previsti dalla legge;
- le parti non raggiungono un accordo ed il giudice provvede ai sensi degli artt. 155 c.c. e ss. ;
- l’accordo viene raggiunto in itinere. Il giudice, rilevato che necessita altro tempo per la formazione dell’accordo, sentite le parti ed acquisito nuovamente il loro consenso, dispone un ultimo rinvio.
La mediazione familiare è presieduta da un soggetto qualificato denominato mediatore che guida le parti lungo il percorso di mediazione astienendosi dal dare giudizi, pareri o sentenze e lavorando con e per entrambi i genitori. Non impone né definisce un accordo perché non è un legale e, allo stesso modo, non potrà mai entrare nel merito delle questioni personali della coppia perché non è uno psicologo.
Viceversa, il mediatore familiare è un professionista accreditato con un codice deontologico che guida il percorso di mediazione lasciando il potere decisionale ai partner, li aiuta a dare vita al loro consenso e conosce le norme vigenti in materia senza imporle ma sorvegliandone il rispetto.