Arbitrato amministrato

L'arbitrato amministrato nell'ordinamento italiano

L’arbitrato amministrato è desumibile dalla disciplina che ne dà l’art. 832, comma 1, c.p.c. a norma del quale è consentito espressamente il rinvio nella clausola compromissoria ai regolamenti approvati dalle istituzioni.

Nell’arbitrato amministrato le parti scelgono un organismo italiano o internazionale specializzato nell’organizzazione e nella gestione dell’arbitrato, come la Camera Arbitrale, e si affidano totalmente al regolamento da questo predisposto.

In sede di arbitrato amministrato, differentemente da ciò che avviene nella procedura arbitrale ordinaria dove le parti convengono una specifica disciplina sul rito che gli arbitri dovranno seguire, l’organismo amministrerà in modo più o meno rigido la procedura già prefissata e fornirà anche l’assistenza che le parti dovessero eventualmente richiedere.

In sostanza, l’arbitrato amministrato presuppone una convenzione che richiami un regolamento predisposto da una istituzione, pubblica o privata, volto a dettare preventivamente le regole e la gestione del giudizio.

Compito della Camera Arbitrale è, innanzitutto, quello di predisporre un regolamento del procedimento al quale, in genere, sono allegati i modelli di convenzione e le tariffe che verranno applicate per determinare le spese amministrative e gli onorari degli arbitri. Qualora la convenzione arbitrale contenga riferimento espresso all’istituzione ed al relativo rito, il giudizio arbitrale deve svolgersi in conformità ad esso.

Il regolamento recepito nella convenzione non potrà, comunque, derogare ai principi fondamentali (della domanda, garanzia del contraddittorio, imparzialità del giudice e necessario controllo del lodo da parte dell’autorità giudiziaria) poichè  eventuali previsioni contrarie risulteranno viziate, con conseguente applicazione dei principi sulla nullità ed inserimento automatico, e sostitutivo, della disciplina processuale codicistica.

Il rapporto fra l’ente e le parti che ne accettano i servizi ha natura mista riconducibile ad
un appalto di servizi e le relative, eventuali, responsabilità devono essere accertate secondo le regole del diritto comune.

La scelta dell‘arbitrato amministrato presenta molti più vantaggi dell’arbitrato “normale”. Uno attinene, ad esempio, ai criteri di nomina dell’arbitro posto che i regolamenti dell’istituzione offrono, generalmente, meccanismi di nomina del terzo arbitro, o comunque di individuazione dell’organo giudicante, più immediati e diretti rispetto a quelli desumibili dall’art. 810 c.p.c.

Un altro vantaggio dell’arbitrato amministrato è relativo alle garanzie di competenza sulla nomina del Collegio. Infatti, la designazione da parte dell’istituzione, assistita da criteri di imparzialità del tutto assimilabili a quelli offerti dal ricorso al presidente del Tribunale ex art. 810 c.p.c., consente l’individuazione di arbitri dotati di competenza specifica in riferimento allo specifico oggetto della controversia. La qualificazione professionale e la specifica esperienza dell’arbitro è anche funzionale all’attivazione di efficaci e mirati tentativi di conciliazione.

Un ulteriore vantaggio dell’arbitrato amministrato è di consentire una maggiore speditezza ed
economicità del procedimento, a maggior ragione ove i regolamenti prevedano anche la possibilità di attivare arbitrati “rapidi” o “documentali”, caratterizzati, cioè, dall’emissione del lodo sulla sola documentazione offerta dalle parti.

Tutto ciò premesso, è agevole, quindi, ritenere che l’arbitrato amministrato disciplinato dalle istituzioni consenta, almeno nella generalità dei casi, maggiori garanzie in termini di speditezza ed economicità del procedimento e di stabilità della decisione; i regolamenti sono finalizzati a prevenire inconvenienti e dubbi interpretativi abbastanza frequenti nell’arbitrato normale e costituiscono per gli utenti una valida alternativa di risoluzione dei conflitti.